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In Calabria le donne non denunciano perché non credono che la violenza sia reato

Nei primi otto mesi del 2021, su 178 vittime di omicidio registrate in Italia, 74 sono donne e, di queste, 65 sono morte in ambito familiare o affettivo. Sebbene questi numeri mostrino un calo del 9% rispetto agli stessi dati registrati nel medesimo periodo del 2020, è necessario riflettere sul femminicidio e, più in generale, sulla violenza di genere, un fenomeno complesso e sfaccettato che ha profonde radici sociali.

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne; questa data, inoltre, segna l’inizio dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere, una campagna internazionale promossa insieme alle Nazioni Unite che, dal 2014, risponde allo slogan “Orange the World”.

La scelta di questa data risale al 1980, in quell’anno vi fu il primo Incontro Internazionale Femminista durante il quale, la Repubblica Dominicana, suggerì di celebrare il ricordo delle sorelle Mirabal, brutalmente uccise a causa della loro opposizione alla dittatura di Rafael Trujillo. Nel corso degli anni molti paesi iniziarono a unirsi nel ricordo di questo giorno, identificandolo come il simbolo della denuncia del maltrattamento fisico e psicologico subito da donne e bambine. Nel 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite scelse il 25 novembre come data ufficiale per la celebrazione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma che cosa si intende, esattamente, con l’espressione “violenza contro le donne”?

La violenza contro le donne

Una prima definizione ufficiale del concetto viene delineata dalla Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne approvata dall’ONU nel 1993, per cui si deve intendere “qualsiasi atto di violenza basato sul genere che provochi o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”. Ancora, all’interno della definizione devono rientrare quegli atti di violenza perpetrati nel contesto familiare, rivolti non solo alle donne ma anche alle bambine, comprendendo le mutilazioni genitali e tutte quelle pratiche tradizionali dannose per le donne. L’espressione include, poi, le violenze che si verificano all’interno della comunità in generale, ad esempio sul luogo di lavoro, e tutti quegli atti di violenza perpetrati o tollerati dallo Stato.

Più recentemente, la Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013, include nella definizione di “violenza nei confronti delle donne” le forme di violenza economica, cioè quei comportamenti umilianti che, attraverso la limitazione o la privazione della disponibilità economica, mirano ad esercitare il controllo sulla vittima. La stessa Convenzione, definisce anche le espressioni di “violenza contro le donne basata sul genere”, la quale fa riferimento a qualsiasi forma di violenza perpetrata nei confronti di una donna in quanto tale, e “violenza domestica” che designa tutti quegli atti di violenza, di qualsivoglia natura, “che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”, includendo tra le vittime anche i bambini, le persone anziane e gli uomini.

Tutti questi tipi di violenza configurano delle violazioni dei diritti umani e, secondo una serie di dati riportati nella relazione di accompagnamento alla Convenzione, si stima che, in Europa, il 15% delle donne con più di 16 anni viva in relazioni violente, più elevata risulta la percentuale di donne che continuano a subire abusi fisici e sessuali da parte di ex partner.

Un’altra forma di violenza è lo stalking, identificato all’art. 612-bis del codice penale come un comportamento ripetuto nel tempo che genera, in chi lo subisce, uno stato di ansia o paura per la propria incolumità o per quella di un proprio caro; la pena prevista per questo reato viene aggravata se gli atti persecutori vengono perpetrati da un coniuge o da chiunque sia stato legato alla vittima da una relazione affettiva.

Dati sulla violenza in Calabria

Fonte: Istat, Dipartimento per la pubblica utilità, Numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking 1522

In Calabria, secondo la ricerca ISTAT sulla violenza di genere del 2014, è del 26,4% la percentuale di donne, tra i 16 e i 70 anni, ad aver subito una forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita; nel 13,2% dei casi, a perpetrare queste violenze è un ex partner. Non è, quindi, difficile capire come l’interruzione di un rapporto di coppia non porti necessariamente alla sicurezza fisica e psicologica della vittima; inoltre, come anche dimostrato da molte ricerche, lo stereotipo dell’uomo sconosciuto che aggredisce le donne al buio ed in luoghi pubblici è molto lontano dalla realtà, le aggressioni più gravi infatti vedono come autori soggetti conosciuti e vicini alle vittime.

Solo nel 2017 in Calabria sono state 95 le donne ad aver subito atti persecutori, secondo quanto emerge dalle denunce delle forze di polizia all’autorità giudiziaria, di queste, 3 erano minorenni; inoltre, nel 2017, su un totale di 607 reati di stalking noti, l’azione penale è stata avviata per 283 casi, il resto sono stati archiviati. Sempre in Calabria, nel 2019, le donne ad aver subito atti persecutori sono state 497, di cui 17 erano minorenni.

La forma di violenza contro le donne più estrema è il femminicidio, definito come “l’omicidio di una donna in quanto donna”. Nel 2019, in Italia, sul totale delle vittime di omicidio, 111 erano donne e, di queste, 101 sono state vittima di femminicidi; inoltre, si è registrato un aumento delle vittime di omicidi in ambito familiare e, sul totale, l’83% sono donne.

Bisogna tuttavia tenere presente che il fenomeno della violenza di genere è complesso, vi sono diverse tipologie di violenza, alcune più visibili ed altre meno, e diversi soggetti coinvolti, non solo l’autore e la vittima; inoltre il fenomeno è in gran parte sommerso, questo vuol dire che, pur avendo delle statistiche ufficiali come quelle ISTAT, queste non sono sufficienti per comprendere il fenomeno nella sua totalità, ed è necessario attingere anche da altre fonti. In ogni caso, ognuna di queste deve essere letta con consapevolezza: ad esempio, i dati che registrano il numero di donne che denunciano, rappresentano solo un sottoinsieme del totale delle donne che subiscono violenza.

Quali sono i motivi per cui le donne non denunciano le violenze che subiscono?

La violenza nei confronti delle donne è un fenomeno di natura strutturale, connesso anche alla diffusione degli stereotipi di genere ed è, per questo, trasversale: le donne che subiscono violenza appartengono a tutte le classi sociali, economiche ed a tutte le età. Proprio a causa delle profonde radici di questo fenomeno, la percezione che le stesse vittime hanno delle violenze subite è distorta: in Calabria, il 53,7% delle donne considera la violenza fisica subita come qualcosa di sbagliato ma non un reato, e questo influisce negativamente sulla possibilità che gli episodi di violenza vengano denunciati.

Il timore di essere stigmatizzate da parte della comunità a causa della violenza subita rappresenta, per le donne, un altro disincentivo alla denuncia. Gli stereotipi negativi sui ruoli di genere e sulla violenza sessuale, infatti, sono ancora molto diffusi: fino al 2018, in linea con la media nazionale, il 25% dei Calabresi era molto o abbastanza d’accordo con l’idea che una donna possa provocare una violenza sessuale a causa del modo di vestire; la percentuale saliva al 36% in relazione all’opinione secondo cui le donne che non desiderano avere un rapporto sessuale riescono ad evitarlo. E si potrebbe continuare a lungo.

Infine bisogna parlare di vittimizzazione secondaria, questa si verifica nel momento in cui un individuo esperisce un ulteriore episodio vittimizzante, oltre a quello già subito e che lo ha reso vittima.
Generalmente questo tipo di vittimizzazione si attiva nel momento in cui un soggetto, a seguito della denuncia, entra nel circuito istituzionale, qui deve fare i conti con la lentezza della burocrazia e l’incertezza dell’esito del processo; ma può accadere, ancor prima, che la vittima non venga proprio ascoltata dalle forze dell’ordine e che le venga negata la protezione di cui necessita. Il timore di rivivere la sofferenza già patita, molto spesso, rende più vantaggioso non denunciare.

Come accorgersi e cosa fare se si subisce violenza?

Prima di tutto è importante tracciare un’identità psicologica dell’uomo violento. È un uomo geloso, insicuro e paranoico; agli occhi di chi gli sta intorno cercherà sempre di apparire come vittima e mai colpevole di ciò che gli accade; cercherà in qualsiasi modo di allontanare la vera vittima dalla famiglia, dagli amici e dalle persone a lei care, minacciando di fargli del male. L’uomo violento non accetta che la donna sia indipendente, non solo a livello economico ma anche familiare. L’uomo violento non riconosce mai i successi, anzi cerca di demoralizzare e svalutare la vittima anche davanti ad altre persone, soprattutto quelle a lei più care. L’uomo violento vuole sempre tenere sotto controllo, vuole sapere dove ti trovi, con chi sei e cosa stai facendo, ti impedisce di lavorare, studiare o coltivare hobby.

Normalmente gli episodi di violenza si susseguono secondo uno schema “a cerchio”. Non mancheranno insulti, cambi di umore e atteggiamenti irascibili e aggressivi. È necessario imparare a capire quali siano i campanelli d’allarme. Spesso possono aumentare le liti in numero o intensità, o invece si potrebbero riscontrare atteggiamenti di esclusione (non rivolge la parola alla sua partner, tende a uscire spesso di casa senza dire dove va, allontana la partner). Quando la tensione giunge al culmine, avviene la violenza vera e propria. Nonostante possa risultare difficile, è importante tenere a mente e a fare caso al tipo di violenza che si scatena: se il gesto violento resta sempre uguale, se invece cambia e varia in intensità. Anche il tempo che separa gli episodi di violenza è importante. Dopo la violenza, di solito “chiede scusa”, promettendo che non lo farà più, mostrandosi dolce e premuroso: tale fase illusoria viene definita “luna di miele” ed è molto breve in quanto ben presto la tensione ricomincerà ad accumularsi e lo schema si ripeterà da capo.

In questo caso risulta importante, per chi subisce violenza, non sottovalutare mai il rischio e non giustificare mai i comportamenti violenti. Chiedere aiuto è sempre il primo passo per smettere di soffrire e per trovare supporto. È molto importante che qualcuno sia a conoscenza di quanto stia accadendo, esponendo il problema con amici e parenti. Anche chiedere aiuto o chiamare senza indugio le Forze dell’Ordine, o il numero 1522 anti violenza e stalking o anche semplicemente il numero unico europeo per le emergenze 112. Inoltre riportiamo qui una lista dei centri antiviolenza in Calabria:

Lista dei centri antiviolenza in Calabria

CATANZARO

Centro Regionale Antiviolenza “Mondo Rosa”- Centro Calabrese di Solidarietà
Via Fontana Vecchia, 44 – 88100 CatanzaroTelefono 800 757 657, 0961738593 – fax 0961738593

Centro Antiviolenza Associazione “Attivamente Coinvolte”
Via F. Crispi n. 59 c/o CPS (Centro Provinciale per il Sociale) – 88100 CatanzaroTelefono 388 3510596

Centro Antiviolenza Aiuto Donna della Fondazione Città Solidale di Catanzaro
Via XX Settembre, 28 – 88100 CatanzaroTelefono 0961 881511; 800909194 (H24)

Stelle e luci è attivo nei territori di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia.Telefono 800909194, 3924077024Mail centroaiutodonna@fondazionecittasolidale.it

Centro Antiviolenza Comune di Lamezia Terme
Demetra – Corso Numistrano – 88046 Lamezia TermeTelefono 0968 207604 800550403

COSENZA

Centro Antiviolenza Comune Di Paola – via Sant’Agata – 87027, Paola.

Fondazione Roberta Lanzino Onlus – Via Verdi – 87030 Rende. Telefono num verde 800288850; 0984 462453; 333 1061586

Centro Antiviolenza Telefono Donna Centro Roberta Lanzino – Via Caloprese, 56 – 87100 Cosenza. Telefono 0984 36311; 329 8981723 – fax 0984 36211

CROTONE
Centro Antiviolenza Udite Agar – Via Giovanni Paolo II, 220 – 88900 Crotone. Telefono num. verde 800974210; 0962 964402

REGGIO CALABRIA

Centro Antiviolenza Angela Morabito – Via Galileo Ferraris, 3 – 89124 Reggio Calabria. Telefono num. verde 800170940; 0965 890934

Centro Antiviolenza Casa delle donne – C.I.F (Centro Italiano Femminile) – Via Ravagnese Superiore, 151 – 89131 Reggio CalabriaTelefono 800774110, 0965 644857

VIBO VALENTIA

Centro Antiviolenza Associazione “Attivamente Coinvolte” – Largo Ruffa – 89861 Tropea. Telefono 388 3510596

Centro Provinciale Antiviolenza presso “La Casa di Marta” – Via XXV Aprile – 89900 Vibo Valentia.

Articolo a cura di Martina Russo e Antonia Bonfiglio