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In Calabria l’omofobia esiste

Sanremo, 2022. Il comico Checco Zalone sale sul palco dell’Ariston intrattenendo la platea con una singolare favola dove i panni della moderna Cenerentola venivano vestiti da un trans brasiliano e il principe che si innamorava di lei, si opponeva a un padre che di giorno si mostrava moralista e omofobo mentre di notte si concedeva i peccati più sfrenati. Il tutto, ambientato in Calabria con un dialetto “misto” non collocabile in una precisa area geografica.

La satira sociale con la quale il comico pugliese ha affrontato il tema dell’omofobia, mettendo in evidenza le palesi contraddizioni dei perbenisti, ha suscitato una marea di polemiche con l’accusa di aver stereotipato un popolo – il nostro – che può avere tanti difetti, ma l’omofobia, no, quella no.

Qualche giorno dopo, in un’intervista del Quotidiano del Sud l’ex presidente facente funzioni della Regione Calabria, Antonino Spirlì, dichiarava: “Trovo esasperati i toni della polemica nei confronti di Checco Zelone che a Sanremo avrebbe offeso sia la Calabria che i calabresi […] La Calabria non è omofoba con noi gay”. Ma, oltretutto, come avrebbe potuto sostenere la polemica dato che qualche anno prima, come riporta un articolo de La Gazzetta del Sud, lo stesso Spirlì disse:”Userò le parole negro e frocio finchè campo”. Frase estrapolata da un discorso in diretta Facebook in cui rivendicava la libertà di utilizzare alcuni termini ai quali, quelle che a suo parere sono delle lobbies, hanno dato un significato dispregiativo. Fra queste, appunto, «negro» e «frocio».

“Ci stanno cancellando le parole di bocca – ha detto Spirlì – come se utilizzando la parola zingaro volessimo dare un giudizio negativo. Negro – ha poi detto – è la stessa cosa. Nessuno può venirmi a dire che non posso utilizzare la parola ‘ricchione’ perchè sei omofobo”.

Cos’è l’omofobia

Facciamo chiarezza innanzitutto e individuiamo cosa significa il termine omofobia. L’omofobia viene definita come “l’avversione irrazionale o ideologica nei confronti della omosessualità, bisessualità e transessualità e si può presentare nella forma di sentimenti, pensieri, comportamenti e pregiudizi che spesso diventano dei veri e propri abusi sulla persona o anche dei veri e propri crimini”.

Il termine omofobia fu coniato dallo psicologo americano George Weinberg e viene presentato per
la prima volta all’interno del suo libro «Society and the HealthyHomosexual»(1971). Composto dal
prefisso omo, che deriva dal greco e significa stesso, e da fobia che deriva dal greco e significa
paura; alla lettera viene tradotto paura dell’uguale. Tuttavia, essendo un termine carico di valenza
allusiva, viene ad indicare propriamente la paura dell’omosessualità e delle manifestazioni ad essa
riconnesse.

Lo stesso Weinberg ha definito l’omofobia come la paura di essere in stretto contatto con gli
omosessuali uomini e donne, cosi come la paura irrazionale, l’odio e l’intolleranza da parte degli
individui eterosessuali nei confronti di uomini e donne omosessuali
. L’omofobia è stata anche
definita come una risposta affettiva che comprende emozioni di paura, ansia, rabbia, disagio e
avversione suscitate dall’interazione con persone omosessuali, senza che vi sia necessariamente una componente cognitiva consapevole di questa discriminazione.

La società odierna è ancora permeata da eterosessismo, ovvero quel sistema ideologico che rifiuta, denigra e stigmatizza ogni forma di comportamento, identità, relazione o comunità di tipo non eterosessuale.

Perché dire “frocio” è un insulto omofobo

E in questa denigrazione rientrano senza dubbio termini come “frocio” che, anche se epiteti e aggettivi che una volta era considerati offensivi entrano nel lessico quotidiano e neutri, non lo sono per il codice penale. La Cassazione, infatti, non cambia rotta, non per “frocio” e “schifoso”
. Secondo i giudici della suprema corte, “sono espressioni che costituiscono una chiara lesione dell’identità personale” e rappresentano un “veicolo di avvilimento”. Il principio è stato ribadito dalla sentenza 19359 della V sezione penale, pubblicata il 17 maggio 2021. Usare questi termini espone alla possibilità di essere denunciati e perseguiti per diffamazione.

Ma in Calabria gli omofobi non esistono?

Eppure, c’è chi dice che creare delle leggi ad hoc (come quella del DDL Zan) non sia necessaria “semplicemente perché l’emergenza omofobia in Italia non esiste!” Figuriamoci in Calabria, dove c’è chi dice che “L’omofobia è un problema del Nord Italia…Da noi i gay sono pochissimi”, come Elio Belcastro, ex deputato di Noi SUD. Ma è così?

Solo nell’ultimo anno quattro fatti di cronaca avvenuti in pochissimi mesi narrano di aggressioni omofobe, in tre province diverse (Reggio, Crotone e Catanzaro) e che non vedono “solo” l’utilizzo di parole come “frocio” e “ricchione”, ma vengono abbinate a pestaggi e violenze. Ed è per questo che bisogna parlare già parlare di omofobia quando si sentono parole discriminatorie. Ed è per questo che bisogna parlarne ovunque. Anche da qui.

Articolo a cura di Miriam Belpanno e Antonia Bonfiglio