Fino al 27 agosto nell’antica Grangia di Sant’Anna, monastero fortificato dell’XI secolo, luogo suggestivo, si modula l’esposizione artistica di Saverio Rotundo, meglio noto come ‘U’ ciaciu’, “artista invisibile” agli occhi della natìa Catanzaro. Diversamente conosciuto come ‘El Ciacio’ a Torino e Milano, città che gli riconobbero il titolo d’artista conferendogli, invece, una certa visibilità.
Eppure, “U’ciaciu”, non era invisibile. Non fu invisibile nemmeno quando nel 2001 si recò alla Biennale di Venezia, con un ombrello lanciafiamme sottobraccio, deciso a dar fuoco al padiglione tedesco. Un dissacratore dell’arte, probabilmente, in questo caso, indotto dal movente politico.
Saverio Rotundo: storia dell’artista detto “U’ciaciu”
Saverio Rotundo, classe 1923, nasce fabbro e muore “U’ ciaciu”: devoto a questa continua ‘nausea d’arte’, atto artistico per eccellenza. Cittadino eremita, solitario e visionario, coltiva una spiccata passione per il riutilizzo e la decadenza: dal New Dada all’Arte Povera, dalle grottesche figure di un Esasperato Surrealismo all’Azionismo viennese.
Non si sa con esattezza quando l’artigiano diventò l’artista geniale. Solo alla fine degli anni ’50 registrerà i suoi primi brevetti e, nello stesso periodo, darà vita ad una delle opere più significative, La malinconia dei giorni festivi: una mescolanza di ferri di cavallo, vuoti ed elementi scultorei. Tre peculiarità della sua Arte che caratterizzeranno tutto il suo operato, insieme alla follia e ad un amore per l’arte estremo, fino a presentarsi lui stesso come opera d’arte. Saverio Rotundo fu disposto a farsi “tutta opera” e ne pagò il prezzo fino alla fine perché la sua vita non apparteneva all’arte: l’arte era la sua vita stessa. Un sacerdote che sacrificò la sua intera esistenza in nome di un’arte pura.
“Una posizione pura nei confronti dell’arte”: la mostra su Saverio “U’ciaciu”
“Una posizione pura nei confronti dell’arte” è infatti il titolo dell’allestimento che ripercorre l’opera di Saverio Rotundo. Curato e prodotto da Stefano Morelli che, in collaborazione con il Comune di Montauro, fa sì che ne emerga uno dei principali attori dell’avanguardia italiana contemporanea. La mostra raccoglie e documenta un centinaio di sue opere impaginate nel contesto del bastione medievale, alla maniera delle sue Nausee d’Arte, esposizioni abusive di arte pubblica, nelle quali imponeva al passante di interfacciarsi con la sua opera.
Installazioni, opere, manifesti e ritagli di giornale, ci restituiscono un artista monumentale per la città di Catanzaro, e non solo. Nell’allestimento espositivo, l’illuminazione, curata da Giancarlo Cerullo, valorizza ed esalta la vetrina artistica, restituendoci lo scenario della festa di paese e delle giostre che l’accompagnano. Performance circensi rievocano i soggetti realizzati dall’artista; colori e festoni completano l’eccellente iniziativa del giovane Morelli.
“Questa non è una mostra: è una nausea d’arte” – sono le parole di Morelli all’apertura della mostra, colui che ha reso intellegibile una visione contorta, colui capace di mettere ordine nello studio di Piazza Garibaldi. L’opera di Rotundo, suscettibile alla razionalità del mondo esterno, rigetta qualunque tipo di etichetta, riversandosi nella piena di un fiume stracolmo di irriverenza, un “bordello” creativo ed esclusivo.