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“Il figlio del mare”è il libro che fonde la nostra cultura con il nostro Io

Leggere le pagine de “Il figlio del mare” è come specchiarsi nelle acque della nostra terra e vagare tra le onde della nostra cultura millenaria e del nostro io. Libera da ogni classificazione proprio come il mare, l’opera racchiude in sé sia il genere poetico-teatrale, sia quello prosastico-narrativo: presenta un’ossatura tragica, evidente nella tradizionale scansione in prologo-episodi conclusi da stasimi-epilogo, arricchita di contenuti e sentimenti contemporanei che tuttavia sono eredi della cultura magno-greca.

Il libro “Il figlio del mare”

La vicenda è ambientata negli anni ’80 in Calabria e si dipana lungo un arco temporale di circa 40 anni. Il prologo è avvolto da un’aura di mistero: su una spiaggia imprecisata della costa ionica, irrompe sulla scena la violenza subita da parte della giovane Bianca e la nascita del figlio che chiamerà Jonio, proprio come quel mare che qui assume contorni divini. Nella narrazione spiccano aspetti tipicamente arcaici e classici come la convinzione di Bianca che Jonio sia figlio di un dio e il fatto che ella attribuisca la “colpa” di ciò che è avvenuto al mare. Ma non solo: la condizione precaria e frammentata della propria identità insieme all’aspetto illusorio e plurale della realtà sono riflessi della condizione dell’uomo contemporaneo. Il secolare aspetto misterioso e affascinante del mare viene proiettato nella storia di Jonio, il quale ormai adulto, cederà e si lascerà trasportare dal suo canto ammaliante per giungere nel luogo della verità e della memoria che lo ha generato. Così intraprende un nóstos, un viaggio di ritorno alla scoperta della sua identità troppo a lungo assopita e tenuta nell’oblio, come Anguilla che nella Luna e i falò di Pavese ritorna nelle Langhe dopo la Liberazione, richiamato dal senso di appartenenza al suo paese e da una forte nostalgia.

Eliana Iorfida, tratteggia i paesaggi calabri, mette in scena i sentimenti inespressi e più reconditi dei suoi personaggi e dipinge frammenti di vita legati dal filo invisibile dell’amore filiale verso una madre terra, selvaggia e amorevole allo stesso tempo. Fa da sfondo alla storia una realtà indefinita, senza tempo né confini, in cui l’individualità si esplica e trova il suo significato più autentico nella collettività, nei versi evocativi e corali degli stasimi. L’autrice ci restituisce un luogo che riecheggia di antichi e nuovi versi, rigoglioso di profumi, di sapori, sorgente di gioie e timori, in cui ogni partenza implica un ritorno ineluttabile. Quella che appare agli occhi del lettore è l’immagine di una Calabria ambivalente in cui ci sente protetti e allo stesso tempo in pericolo, in balia di forze arcane e primigenie così potenti che spingeranno anche il riluttante Jonio a cedere alle ragioni del suo cuore. 

Intervista all’autrice

A quali scrittori e poeti dell’antichità o della contemporaneità si è ispirata per la scelta del tema e la struttura del tuo romanzo? 

Ho una guida che è Corrado Alvaro, è il mio autore del cuore. Non tanto il Corrado Alvaro di “Gente in Aspromonte”, quindi quello più legato alla nostra terra ma quello cosmopolita. È un autore che, secondo me, noi per primi in quanto calabresi dobbiamo conoscere. Per esempio, durante il lockdown, ho letto il romanzo bellissimo e distopico “L’uomo è forte”, che consiglio a tutti, il quale anticipa Orwell in maniera incredibile. In più Alvaro è stato un grande viaggiatore e, a questo proposito, adoro il reportage dalla Turchia intitolato “Viaggio in Turchia” che è un richiamo al percorso che mi lega al Medio Oriente. Qui Alvaro descrive la Turchia e non a caso lo cito già nella dedica del mio primo romanzo “Sette paia di scarpe”. Quindi la sua visione sul Mediterraneo, di una persona del Sud che guarda ancora più a Sud, è sicuramente un riferimento per la mia scrittura.

Il mare è protagonista delle opere di poeti e scrittori sin dall’epoca dei poemi omerici. È stato cantato come ostacolo e periglio per i naviganti, quindi come luogo di morte ma anche come luogo di vita come nel suo caso. Quali altre valenze assume nel tuo romanzo? 

Il mare è carico di simboli letterari ed è presente in opere bellissime della letteratura mondiale. Nel romanzo ha un significato ambivalente perché la scena si apre con la giovane Bianca che si è addormentata sulla spiaggia e di fatto ha subito una violenza. Lei è molto particolare, ha una sindrome simile a quella Borderline e si convince che sia stato il mare ad averla inseminata, di conseguenza convince il suo bambino di essere il figlio del mare tanto che lo chiamerà Jonio. Allo stesso tempo il mare simboleggia anche la vita: come mi ha fatto notare anche l’archeologo Francesco Cuteri, si tratta di un Poseidon stupratore. Infatti nel mito di Poseidon è presente un mare violento, che scuote, che produce maremoti e terremoti nella nostra terra, ma al tempo stesso, nel caso di Jonio, semina vita. Inoltre esso porta dentro di sé un grande segreto che scioglierà nel finale perché è anche il simbolo di tutto ciò che si cela nelle profondità abissali. Essendo un viaggio dentro di sé il mare diventa quel sé, quindi sul fondo di quell’abisso giace la verità che il protagonista sta cercando.

Interessante la realizzazione di un’impalcatura del romanzo basata sulle suddivisioni tipiche della tragedia greca. I protagonisti hanno qualcosa in comune con gli eroi e le eroine tratteggiati dai grandi tragediografi dell’antichità? 

I protagonisti sono al contempo eroi e antieroi, nessuno di loro è un eroe positivo fino in fondo, però affronta in modo eroico, come tutti noi oggi siamo costretti a fare, la realtà. Attingere alla tragedia greca e a questa struttura particolare, significa prevedere nella narrazione l’alternanza della prosa dei capitoli alla poesia del coro che, come quello greco, entra in scena e sottolinea determinati aspetti. È un continuo rifarsi a un’etica che si rivela poi essere l’etica della nostra terra, gli archetipi della Calabria rispetto ad altre narrazioni.

La Calabria è dipinta come terra del ricordo, della memoria, della tradizione e si contrappone nettamente al Nord, terra del progresso storico e sociale ma anche dell’oblio. Che cosa spinge Jonio, il figlio trentenne di Bianca, a compiere un viaggio di ritorno?

Lo spinge l’ insoluto che ha nella sua vita, nel suo passato. È presente una voce che riemerge e che all’inizio vuole tenere sopita. Quando si è lontani dalla propria terra d’origine per costrizione, arriva un momento in cui questa voce irrompe nella vita di chi è fuori e qualcosa richiama alle radici, come un episodio o qualcosa di poco conto. Nel momento in cui Jonio inizia a dare ascolto a questa voce, ad assecondarla, decide di compiere questo nóstos, questo viaggio di scoperta. Non può fare a meno di assecondare e ammettere questo forte richiamo anche perché alla fine lo aveva sempre sentito dentro di sé.

(Per consultare la scheda del libro potete cliccare qui)