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“In Calabria è importante fare rete, fare blocco e pretendere di più, un’attenzione maggiore nel settore culturale”. Intervista ad Andrea Naso, direttore e fondatore di Dracma

Dracma è una compagnia teatrale calabrese che opera prevalentemente nell’ambito del Teatro Contemporaneo e che dal 2010 con rassegne, produzioni e residenze artistiche che ospitano attori, drammaturghi e registi nazionali ed internazionali. Dracma è stata di recente riconosciuta dal Ministero della Cultura come organismo di programmazione teatrale, ambito che paradossalmente non è ancora riconosciuto e sostenuto invece dalla Regione Calabria. C’è forse poco spazio per il teatro contemporaneo in Calabria? Abbiamo parlato con Andrea Naso, direttore artistico e fondatore di Dracma.

Iniziamo con la storia di Dracma…

Noi nasciamo nel 2010 da un gruppo di artisti che avevano frequentato l’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria, una delle migliori scuole d’Italia che ora non c’è più. Purtroppo, le cose belle in Calabria non durano molto. Eravamo tutti sdoganati in altre città d’Italia ed è diventato importante per noi cercare di costruire qualcosa di bello al Sud e in particolare in Calabria. All’inizio ci siamo costituiti come associazione e abbiamo lavorato per la promozione del teatro professionale in giro nella provincia di Vibo Valentia. Dopodiché, siamo riusciti ad avere uno spazio nel comune di Ricadi in cui abbiamo diretto per tre anni il teatro di Torre Marrana  e mettendo in scena le prime nostre produzioni autofinanziate, fino a quando riusciamo ad avere qualche piccolo finanziamento pubblico per poter sostenere produzioni più importanti.  Nel 2013 ci spostiamo a Polistena per necessità: in tutta la provincia di Vibo non c’era – e tutt’ora non c’è – un teatro pubblico, dove poter realizzare una residenza teatrale permanente come ci chiedeva di fare la Regione Calabria per poter accedere a sostegni finanziari. A Polistena, abbiamo trovato un terreno molto fertile nell’ambito culturale perché è un comune che si è sempre distinto nell’ambito sociale e culturale, tant’è che nel 2018 veniamo riconosciuti dalla Regione Calabria come impresa di produzione teatrale. Nel 2022 veniamo riconosciuti dal MIC (Ministero della Cultura) come organismo di organizzazione teatrale. Quindi insomma nel giro di 9 anni abbiamo avuto un percorso con una crescita importante che ci ha aperto opportunità d’ingresso anche in reti e circuiti teatrali nazionali come Inbox, che è la più importante rete di distribuzione e sostegno del teatro contemporaneo in Italia, e noi siamo l’unico organismo calabrese, e come Progetto Cura e NDN, reti che invece promuovono e sostengono la drammaturgia contemporanea attraverso le Residenze artistiche.



A proposito delle residenze teatrali, quali sono i vantaggi di questo sistema?
È un modo importantissimo per sostenere la creatività emergenti. Noi ospitiamo e sosteniamo economicamente ogni anno 3-4 compagnie a cui mettiamo a disposizione il teatro, tutoraggio artistico e specialistico, il personale tecnico e organizzativo e tutto ciò che serve a livello logistico, per 15 giorni ciascuna. La residenza è importante perché è un sistema che consente anche alle comunità di venire a conoscenza del Teatro Contemporaneo. A latere delle prove degli artisti che vengono, organizziamo laboratori e apriamo il teatro a prove aperte in cui il pubblico può venire ad assistere alle prove. È un modo per mettere in contatto gli artisti con le comunità locali. E’ capito spesso anche che gli artisti abbiano attinto dalla comunità per la loro ricerca creativa. Diciamo che le residenze sono un prezioso strumento di reciproco scambio di saperi.


In che cosa Dracma dà un’alternativa al territorio?
Il nostro obiettivo fin dall’inizio è stato di portare il Teatro Contemporaneo in Calabria. Facciamo quel teatro che non è da confondere con lo spettacolo tout court. È un tipo di teatro che è allo stesso tempo “microscopio”, perché focalizza e filtra attraverso la scrittura e la messinscena quelli che sono i fatti del “vivere umano”, e “caleidoscopio” perché di quei fatti ne coglie e ne offre al pubblico la mutevolezza e le molteplici prospettive di indagine. Diamo quindi prevalenza alla drammaturgia contemporanea senza elidere il teatro classico. Spesso mettiamo in cartellone artisti e opere che partono dal teatro classico per reinterpretarli. È questo un modo per avvicinare le nuove generazioni al teatro.



Il teatro contemporaneo è un’attrattiva per i giovani?
Quest’anno soprattutto abbiamo dato tanto spazio ai nuovi linguaggi scenici (per il territorio in cui operiamo), partendo dalla danza contemporanea fino a forme di teatro ibrido e multidisciplinare contaminato da fotografia o cinema e questo ci ha permesso di abbassare l’età media del pubblico. Non è però sufficiente perché è più importante coinvolgerli attivamente con laboratori o workshop. Quando li rendi partecipi e attivi poi tornano in sala come pubblico.

La programmazione dell’ultimo anno è stata un successo…
La programmazione 22-23 ha avuto un cartellone di 34 titoli tra prosa, danza e musica con nomi importantissimi della scena internazionale e tanti artisti premiati. A questo si è inserito un cartellone di Teatro- Scuola di 18/20 titoli. In tutto 54/55 aperture di sipario. Abbiamo toccato le 6.800 presenze con una media d’età di abbonamento di 40 anni. Abbiamo avuto tra i migliori e i più premiati artisti della scena contemporanea nazionale e anche volti di richiamo come Gianmarco Tognazzi con un testo di Edoardo Erba, uno dei più grandi drammaturghi e registi in Italia, avuto Peppe Barra, Francesco Montanari, Paolo Triestino, Massimo Verdastro e la grandissima interprete Elena Bucci con cui abbiamo celebrato Pasolini in occasione del centenario pasoliniano. Per la danza per citare i più importanti di levatura internazionale come Virgilio Sieni, Abbondanza Bertoni, Spellbound e tante altre giovani compagnie già apprezzate e riconosciute sullo scenario nazionale.

Eppure in Calabria è difficile emergere e farsi riconoscere nel settore culturale…
Dire che nella nostra regione ci sia poca attenzione, e soprattutto giusti investimenti, nel settore culturale è un dato di fatto dimostrabile in qualsiasi sede con numeri alla mano. Ci tengo a dire però che in Calabria è importante fare rete, fare blocco e pretendere di più, un’attenzione maggiore nel settore culturale che deve però partire da una maggiore consapevolezza di noi artisti e operatori calabresi. Dobbiamo, insieme, pretendere che venga dato riconoscimento e dunque valore al teatro al pari delle altre regioni d’Italia.

Ci sono ad esempio ambiti teatrali d’intervento che non sono mai ancora stati contemplati dalle istituzioni regionali: penso alla danza ad esempio che non è presa in considerazione e né finanziata in Calabria, penso ad ambiti come la Programmazione teatrale, noi siamo riconosciuti dal MIC come organismo di Programmazione teatrale ma non dalla Regione, penso al Circuito teatrale, esistente in ogni regione d’Italia ma non in Calabria, che attraverso la distribuzione degli artisti su più piazze regionali potrebbe dare opportunità di risparmio su nomi importanti a cui spesso siamo costretti a rinunciare perché una sola data regionale diventa insostenibile e scoraggia anche gli artisti stessi a venirci, mentre con una rete di distribuzione sarebbe tutto molto più gestibile. Così come non esiste ancora un centro di formazione teatrale o un centro di produzione e tanto altro ancora.

La politica deve rimettere al centro la Calabria e renderla più appetibile sul fronte teatrale, così come fanno le altre regioni che riescono ad avere molti più fondi ministeriali di noi. Si pensi che secondo i numeri nell’ultimo rapporto ministeriale del 2021 la Calabria è destinataria di fondi per il teatro di 1 milione e 700 mila euro, mentre ad esempio la vicina Puglia è destinataria di 16 milioni, ma lì da più di un decennio la politica lavora strategicamente insieme agli operatori secondo una progettualità condivisa che ha consentito di ottenere finanziamenti su più ambiti d’intervento (produzione, programmazione, residenze, distribuzione, formazione, etc). In Calabria manca una progettazione regionale concertata con gli operatori teatrali più importanti.


C’è bisogno di fare più teatro in Calabria tra le nuove generazioni?
Noi cerchiamo di avvicinare i ragazzi e i più svantaggiati al teatro perché il teatro, se praticato con competenza, è un’arma potente contro la povertà educativa e il disagio sociale in genere. Oltre al mero momento della “rappresentazione” c’è l’aspetto pedagogico del Teatro che ha una valenza di cui in Calabria si parla poco. Ci sono tante anche compagnie e artisti in Italia che fanno solo questo, il cosiddetto Teatro sociale. Quello ad esempio andrebbe potenziato nella nostra regione ma bisogna che i servizi sociali, gli assessorati preposti e le categorie di settore ne prendano consapevolezza affinché si possano aprire relazioni trasversali tra i settori. Noi come compagnia abbiamo operato spesso attraverso progetti didattici in istituti di recupero, carceri, comunità, associazioni di categorie, ma sempre attraverso iniziativa privata e mai in risposta a progetti istituzionali.


Progetti futuri?
Quest’estate avremo delle residenze di danza contemporanea e una di prosa. Poi, finite le residenze, si ripartirà con la programmazione e il nuovo cartellone 23-24 che confermerà l’eccezionalità della nostra proposta artistica in Calabria. Speriamo anche che il futuro ci riservi più tempo per lo studio e la creazione, ultimamente sempre più raro a causa della burocrazia oppressiva che contraddistingue i progetti pubblici.