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In Calabria la donna non è più uno stereotipo arcaico

Celebrata già dalla prima metà del ‘900, e riconosciuta ufficialmente dall’ONU negli anni ’70, l’8 marzo ricorre la Giornata Internazionale della donna. Il fine è quello di ricordare le lotte e le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute dalle donne nel corso degli anni, ma anche quello di riflettere sulle discriminazioni e sulle violenze che le donne hanno subito, e subiscono ancora oggi, ad ogni latitudine.

La cultura patriarcale calabrese

La cultura maschilista e patriarcale, che esiste sin dalla notte dei tempi, ha deposto le sue radici anche nel folklore calabrese. È così che “Tira cchiù ‘nu pilu di fìmmana a la ‘nchianata, ca ‘nu paricchiu di voi a la calata” e poi, si sa, “A fìmmana ‘ndavi i capidi longhi e ‘a menti curta”; “A quindici anni ‘a mariti o ‘a scanni” quindi è meglio che la donna si sposi presto perché “A fìmmana senza statu è comu ‘u pani senza lavatu”, poi una volta sposata la donna ha dei compiti da svolgere ”A fìmmana chi va’ fora no’ tila e no’ lenzola” e se non dovesse rispettarli “A’ fìmmana chi anda, rruppinci la gamba!”.
Potrei continuare a lungo ma l’intento di questo articolo è mostrare come siano state le stesse donne calabresi a ribaltare una mentalità che, per molto tempo, le ha volute quiete, ligie al loro (presunto) dovere e che rischiava di schiacciarle nelle mura domestiche; al contrario, molte di esse si sono divincolate da questa narrativa divenendo delle eccellenze nel territorio e all’estero.

Tre storie: Amalia Bruni, Maria Grazia Muri e Franca Melfi

Amalia Bruni

Una di queste è la Dottoressa Amalia Bruni, neurologa, ricercatrice e Direttrice del Centro regionale di Neurogenetica a Lamezia Terme. Nata a Nicastro si laurea in medicina all’Università degli studi di Napoli e, sempre a Napoli, consegue la specialistica in Neurologia. Dopo vari incarichi di rilievo presso il reparto di Neurologia dell’Ospedale Pugliese – Ciaccio di Catanzaro, la Dott.ssa Bruni intraprende la strada della ricerca e, partendo da uno studio che identificava la possibilità che alcune malattie potessero essere di natura ereditaria, procede ad individuare dei soggetti malati di Alzheimer ricostruendone la genealogia, in modo tale da avere un grande campione su cui condurre il suo studio. Dal campione si è potuto isolare il principale gene che determina la malattia, la Presenilina 1, e, cinque anni dopo, studiando le stesse famiglie, è stato possibile identificare una nuova proteina che entra all’interno del meccanismo dell’Alzheimer, questa è stata denominata Nicastrina in omaggio alla famiglia dalla quale è stata isolata, nota in letteratura come la Famiglia N. La Dott.ssa Bruni vanta un’importante collaborazione, nonché amicizia, con Rita Levi Montalcini, la quale insistette con l’allora Presidente della Regione, Giuseppe Nisticò, affinché venisse fondato il Centro di Neurogenetica, facendogli presente che “le stanno stendendo i tappeti rossi da tutte le parti, cerca di trattenerla perché il lavoro che sta facendo è straordinario”. Oggi la Dottoressa Amalia Bruni è Senior Associate Editor del Journal of Alzheimer’s disease; è censita come ricercatrice tra le più importanti riviste scientifiche e la sua attività di ricerca è contenuta in oltre 200 pubblicazioni specialistiche, che fanno di lei uno dei neurologi più affermati ed autorevoli a livello mondiale.

Maria Grazia Muri

Un’altra donna che conduce un’importante battaglia è Maria Grazia Muri, Presidente del Centro Antiviolenza S.O.S. Astarte di Catanzaro. Vittima in prima persona di violenza domestica, dopo una lunga battaglia personale decide di portare alla luce la propria esperienza, trasformandola “in impegno costante a servizio di categorie più fragili, di quelle persone che dietro quest’etichetta da giornale e talk show si sentono vittime di un sistema complicato da burocrazie e meccanismi che molto spesso li scoraggiano e li lasciano chiusi nei loro problemi”. Il 25 Novembre 2001 prende vita, così, il Centro Antiviolenza S.O.S. Astarte Donna, il primo Centro Antiviolenza di Catanzaro. L’obiettivo del Centro, della Presidentessa e di tutti i collaboratori, è quello di dare un aiuto concreto a chi subisce violenza, accompagnarli in tutto il percorso che consegue all’episodio denunciato. Il CAV Astarte ha creato, nel corso degli anni, una fitta rete sociale coinvolgendo altre Associazioni, Enti Pubblici, come il Pronto Soccorso di Catanzaro con il quale è stato stipulato un Protocollo di Intesa, e le istituzioni, elaborando un piano operativo per aiutare coloro che si rivolgono al Centro e prevedendo l’utilizzo di una Casa Rifugio volta alla messa in sicurezza della vittima di violenza ed, eventualmente, dei suoi figli. Il CAV si avvale, inoltre, di un’equipe multidisciplinare in cui figurano assistenti sociali, psicologhe, avvocate ed operatrici che sono reperibili 24 ore su 24 poiché “la violenza non ha orari di riposo né giorni di festa, ed anzi è proprio in quelle ore ed in quei giorni che si manifesta di più”.

Un’altro successo femminile calabrese è quello della Dottoressa Franca Melfi, pioniera della medicina robotica a livello mondiale. Nata a Cosenza, Franca Melfi si interessa di chirurgia robotica nei primi anni ’90, quando si parlava per la prima volta di nuovi approcci chirurgici e nuove modalità di ingresso nelle cavità anatomiche dell’essere umano. Nel 2001 la Dott.ssa Melfi effettuò il primo intervento per il trattamento di un tumore polmonare avvalendosi di un robot fino ad allora mai utilizzato per interventi di quel genere, “ho intrapreso una strada non ancora battuta da nessuno, con coraggio e molta curiosità, senza arrendermi alle difficoltà […] in un ambito lavorativo in cui comandavano gli uomini”. Successivamente, nel 2005, insieme ad altre professioniste, fonda l’Associazione delle donne contro il cancro al polmone, un’ONG che ha l’intento di condividere le esperienze e i dati relativi alla patologia polmonare neoplastica nelle donne, guidare giovani tirocinanti e diffondere informazioni attraverso programmi ed iniziative sociali. Oggi la Dottoressa Melfi è docente di chirurgia toracica all’Università degli studi di Pisa, direttrice del Centro robotico multidisciplinare dell’Aoup e coordinatrice del comitato tecnico – scientifico del polo di Chirurgia robotica della Regione Toscana.

Generazioni di donne calabresi

Mi preme, infine, parlare di quelle donne calabresi che non sono illustri, che non hanno ricevuto riconoscimenti importanti né titoli prestigiosi, ma che sono altrettanto importanti. Queste sono le nonne calabresi che hanno vissuto in un’epoca in cui poco o nulla era loro concesso, non potevano studiare, il loro compito era quello di badare alla casa e ai figli e avere come priorità la carriera non era affatto una possibilità.

Sono importanti le mamme calabresi, che si sono emancipate, hanno realizzato quei sogni che le loro mamme non potevano neanche immaginare; le mamme che sono state in grado di portare avanti una brillante carriera e crescere i propri figli mentre qualcuno le giudicava per questa eccessiva ambizione; le mamme calabresi hanno insegnato alle loro figlie a custodire le loro conquiste e continuare le loro battaglie.

Sono importanti le ragazze calabresi che sono libere di studiare, che si laureano e pretendono il posto che gli spetta; le ragazze che perseverano nel raggiungere il loro obiettivo anche quando, ancora troppo spesso, viene loro consigliato di pensare ad un altro lavoro perché altrimenti non avrebbero tempo per badare alla famiglia.

Le donne calabresi sono importanti perché sono la testimonianza vivente, spesso seduta in un unico tavolo, di una storia: sebbene, in Calabria come in tutta Italia, sia ancora molta la strada da fare, il racconto che emerge dal succedersi di generazioni di donne calabresi è quello di una terra che non vuole rimanere legata a degli stereotipi arcaici e irrealistici, una terra che combatte all’unisono con il resto del mondo per la conquista dei diritti della donna.