Skip to content Skip to footer

Ecomafie: come combattere i reati ambientali

Lo stanziamento di grandi somme di denaro previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza pone un occhio di riguardo verso la Calabria perché questo potrebbe determinare ulteriori infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali, soprattutto per quello che riguarda il fenomeno dell’ecomafie.

I dati nazionali sui reati ambientali: la Calabria è sempre ai primi posti

Nonostante delle lievi flessioni, la Calabria, insieme alle altre regioni a tradizionale presenza mafiosa, si trova sempre ai primi posti nelle classifiche per i reati di natura ambientale. Tra questi, l’ultimo è stato pubblicato da Legambiente a novembre del 2021 e mostra come le cosiddette “ecomafie” non abbiano subito alcun rallentamento dalle pause imposte dalla pandemia.

In Italia nel 2020, i reati ambientali accertati sono aumentati dello 0,6% rispetto all’anno precedente, con una media di 95 reati al giorno, e oltre il 45% di questi reati viene registrato nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa, dunque Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. Nonostante, poi, si registri una diminuzione dei controlli del 17%, le persone denunciate sono aumentate del 12% e i sequestri del 25%. Ma cosa si intende quando parliamo di ecomafie?

Cosa sono le ecomafie

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Il termine ecomafia, coniato nel 1994 dall’associazione Legambiente, indica un fenomeno che vede le organizzazioni criminali di stampo mafioso al centro della gestione di attività illecite ad alto impatto ambientale. Si tratta di un fenomeno complesso con caratteristiche trasversali poiché, innanzitutto, coinvolge tutte le organizzazioni criminali; inoltre, non si esaurisce sul territorio italiano ma acquisisce una dimensione transnazionale, mostrando l’abilità delle organizzazioni di adattarsi velocemente ai mutamenti sociali ed economici globali.

Ma quali sono le attività illecite che rientrano sotto il fenomeno dell’ecomafia? Abbiamo innanzitutto il traffico illegale dei rifiuti, settore noto e che consente di ottenere profitti molto alti correndo rischi abbastanza bassi; ed il ciclo del cemento, fortemente legato alla corruzione poiché consente alle organizzazioni di inserirsi nelle procedure per l’assegnazione di appalti. Questi settori sono i più classici e permettono alle associazioni criminali di mantenere attiva l’attività più remunerativa, cioè l’estorsione.

Vi sono poi attività legate alla zoomafia come il traffico di animali e specie protette; l’importazione di queste ed il contrabbando della fauna selvatica che risultano dannose per l’intero ecosistema; l’allevamento di animali su territori inquinati, o affetti da patologie dannose per l’uomo, e macellati clandestinamente per essere poi venduti all’interno del mercato clandestino della carne.

Altre attività che rientrano nel fenomeno dell’ecomafia sono il traffico illecito di opere d’arte, attività di scavo clandestine ed il commercio numismatico illegale, queste fanno parte del settore delle archeomafie che vede, non solo il coinvolgimento delle organizzazioni mafiose, ma anche di tombaroli, ladri professionisti, collezionisti e direttori di musei.

Le ecomafie, infine, vedono anche la contaminazione della filiera agroalimentare: le organizzazioni incidono sulla produzione ortofrutticola ed enogastronomica, e minacciano il mercato con la commercializzazione ed esportazione di prodotti tipici talvolta persino tossici. I danni di queste attività ricadono innanzitutto sulla salute dei consumatori ma, ancora, sull’economica legale, poiché si osserva un aumento dei prezzi legato alla tutela dei prodotti madie Italy, e sul mercato del lavoro in cui si manifesta il fenomeno del caporalato.

Tutte queste attività vengono annualmente fotografate dai rapporti di Legambiente. La Calabria possiede il primato per le interdittive antimafia e si colloca al quarto posto per quanto riguarda i reati legati al ciclo del cemento, in particolare, tra le prime 20 province italiane troviamo Cosenza al secondo posto, Reggio Calabria al quinto; in riferimento al traffico illecito di rifiuti la Calabria si posiziona ottava. La regione poi si colloca sempre tra i primi posti, precisamente al sesto, nella classifica di incendi agli impianti di trattamento smaltimento e recupero rifiuti che, dal 2013 ad oggi sono stati ben 88; tra l’altro il rapporto Legambiente ha osservato, nel 2020, un codice rosso in tutta Italia per boschi e fauna, fortemente colpiti da innumerevoli incendi.

Cosa si può fare per combattere le ecomafie?

C’è da chiedersi, quindi, se ci sia un modo per fermare il fenomeno o, quanto meno, per rallentarlo. Com’è possibile che nel 2022 ancora non si siamo riusciti a fermarlo? Cosa serve?

Per molti anni i reati ambientali, eccetto il traffico illecito di rifiuti, non hanno ricevuto una risposta significativa da parte dello Stato, poiché la commissione di questi illeciti implicava solo il pagamento di una multa. Con la legge 68 del 2015, tuttavia, è stato inserito all’interno del codice penale un intero capitolo dedicato ai delitti contro l’ambiente, mostrando un maggiore interesse, confermato anche dai dati, nel contrasto di questi fenomeni, soprattutto se commessi in forma associativa. Sebbene l’introduzione di questa normativa sia stata una grande conquista, la sua formulazione risulta piuttosto generica e l’interpretazione si limita al concetto di abusivismo per i reati di inquinamento e disastro ambientale; questo comporta una difficoltà nell’applicazione delle norme e, conseguentemente, un ostacolo per l’attività di contrasto da parte delle Procure.

Altra criticità proviene, come anche sottolineato da Legambiente, da una mancanza dei controlli ambientali, per cui è necessaria la riorganizzazione degli organi che si occupano di tali controlli e l’aggiornamento delle forze di polizia in materia di ecoreati e tutela dell’ambiente.  

Infine, per la lotta alle ecomafie come, più in generale, alla criminalità organizzata, è necessario formare una coscienza civica attraverso attività di prevenzione e sensibilizzazione rivolte  non solo al cittadino, in modo tale da metterlo in condizione di riconoscere il fenomeno e denunciare, ma anche alle aziende e alle associazioni, questo per poter allargare sempre più il bacino di influenza della legalità. 

(Abbiamo parlato dei problemi legati all’ambiente in un altro articolo. Clicca qui per leggero)