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L’omosessualità in Calabria: dai romani alle “sbraie” dell’800

“Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud!“ “Dillo in modo chiaro, e urlalo. Essere gay è giusto, essere gay è motivo d’orgoglio”.

È il 27 giugno del 1970, in seguito all’ennesimo raid della polizia avvenuto l’anno precedente a Stonewall Inn, celebre bar frequentato da omosessuali e transgender sito in Christopher Street, l’associazione Gay Liberation di Chicago decide, in concomitanza con altre importanti congregazioni Gay, di organizzare la prima manifestazione LGBT per protestare contro la discriminazione efferata della polizia e della società. 

Poco bastó per ispirare, nel corso del tempo, i vari gruppi di attivisti sparsi su tutto il territorio nazionale. Da Atlanta a New York venero organizzate marce per la “liberazione Gay”. Le parate variavano da uno stile festoso-eccentrico a una tendenza seriosa, si interpongono nella dinamica sociale, per sconvolgere, sensibilizzare e rieducare un sistema eteronormativo, che disconosce e condanna il “diverso”. Il loro scopo era dunque di ridefinire le dinamiche di “normalità”, “sessualitá”, e “genere”, mostrare fieramente al mondo l’esistenza viva e consueta dell’omosessualità nel sociale. Tale atto sovversivo e provocatorio, quale la parata, o marcia, esibisce, senza filtri, la cultura queer come parte, non sottoposta, ma integrante e aperta, del sociale. 

Gli avvenimenti dei primi anni ’70 in America, saranno monito e esempio per tutto il mondo; di fatti il 1 luglio 1972 si svolse a Londra la prima parata gay, denominata come “gay pride rally”. In ogni parte del mondo, da lí a poco, tali avvertimenti diventeranno una vera e propria ricorrenza segnando inevitabilmente una tacita unione solidale transnazionale. Saranno però gli anni ’80 a dare un forte cambio di rotta ai vari movimenti e attivismi nel mondo, i quali si impegneranno a cambiare radicalmente il senso ontologico del movimento, apponendo una modifica, piccola, ma sostanziale al nome della parata, definendola “Gay Pride” letteralmente, “orgoglio gay”.

È il 2 luglio 1994 a venticinque anni di distanza dai moti di Stonewall, con non troppo distacco dalle altre capitali mondiali, il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli in accordo con l’associazione Arcigay, organizza nel pieno centro della capitale, Roma, la prima parata italiana del “orgoglio gay” per la rivendicazione dei propri diritti. Un evento senza dubbio iconico, per l’Italia, la quale, a differenza di altri paesi del mondo, deve scontrarsi con una società strettamente legata ad ideali cattolici secolari, estremismi di destra e un humus culturale-regionale poco aperto alle novità. La mentalità italiana di fine anni ’90, corroborata su fondamenta ideologiche e su costrutti sociali cristiano-tradizionali, si ritrova ad affrontare un qualcosa di estremamente nuovo e dissimile da precedenti. Di fatti non poche furono le critiche aspre, taglienti, e discriminatorie riversate nei confronti di persone, usi e costumi, apparentemente differenti dalle normali e consuete abitudini peninsulari. 

Se pur con non poche riserve sociali, insistendo e persistendo con decisione, la manifestazione del “l’orgoglio gay” riesce ad inserirsi, nel panorama italiano. Fatta forza delle svariate iniziative di sensibilizzazione e di propaganda, nei confronti di un fenomeno, ormai sdoganato nel resto del mondo, con la aiuto di militanti di sinistra, e l’ancor più solida partecipazione dell’associazione dell’Arcigay , il Pride, diviene in poco meno di vent’anni una manifestazione sempre più partecipativa e richiesta in ogni parte d’Italia.  

L’omosessualità in Calabria: storia e tradizione

Calabria Pride, Reggio Calabria

In forte ritardo con i tempi rispetto alle altre regioni italiane, i movimenti LGBT, riescono a infrangere le barriere obnubilate della Calabria. È il 2014, saranno le strade di Reggio Calabria a ospitare la prima parata in sfida all’omotransfobia. È questa la prima volta in cui la parata sull’omosessualità è in Calabria. La tendenza ad etichettare l’evento del Pride come una “carnevalata” o una festa inutilmente esasperata non tarda a farsi sentire ma ciò nonostante il movimento non si ferma e prosegue anno dopo anno, accogliendo sempre più proseliti, nel tentativo di rendere l’intera regione color Pride. 

Molti sono gli anni passati, dall’inizio delle battaglie per l’uguaglianza e per la parità dei diritti omosessuali nel mondo e in Italia, tante sono le campagne, le iniziative, le sensibilizzazioni adoperate per irrompere e sdoganare le differenze di genere. Ciononostante la battaglia per la tolleranza e l’inclusività, specialmente in Italia, è ancora molto lunga. Ancora oggi non di raro, si assiste a gesti omotransfobici o discriminatori di ogni sorta, i quali spesso scaturiti da  motivi futili, scadono in vere tragedie. Per quanto la nostra società abbia fatto grandi passi in avanti nella lotta al razzismo di genere, e si stia direzionando verso una società più inclusiva, come ad esempio l non sono poche però le regioni italiane nelle quali effettivamente esistono barriere e ideali razzisti fortemente radicati. A discapito di molte altre regioni italiane, la Calabria, ad esempio, pone non poche resistenze nel accettare completamente una realtà cosi variopinta e inclusiva, ritenendo, il mondo Queer un vero e proprio tradimento nei confronti della società e della cultura tradizionale. 

Ma possiamo davvero ritenere il mondo Queer e l’universo LGBT così distante dalla nostra società? È giusto ritenere, questa realtà inclusiva, come una concezione di società nuova, rispetto al passato? Essa necessità dunque veramente di essere accettata, o in realtà è sempre stata una parte integrante della nostra cultura, della nostra storia, e forse l’abbiamo dimenticato o mutata come spesso accade? 

Gli italiani, sono notoriamente famosi per essere culturalmente difensori della tradizione. La Calabria, in particolare, è strettamente gelosa e orgogliosa della propria storia tradizionale, dei suoi usi, delle sue usanze e dei propri costumi, figli della propria storia millenaria, che accompagnano da sempre questa piccola porzione di territorio peninsulare.

Per quanto sia giusto difendere la propria memoria, come un fuoco vivo da alimentare giorno dopo giorno, non è altrettanto giusto altresì dimenticare che la tradizione è un costrutto storico sociale. Essa viene a edificarsi e strutturarsi nel corso della storia, ed è soggetta come ogni cosa umana, a modifiche, a cambiamenti strutturali, e rimozioni talmente profonde da divenire vere e proprie estinzioni. 

Quando ci si approccia a un fenomeno come il Pride, che oggi giorno viene identificata non solo come la festa dei diritti e dell’orgoglio LGBTQ+, ma viene anche percepita dai più, come massimo exploit dell’amore libero, divenendo nella cultura giovanile un momento di liberazione dai costrutti e dalle convenzioni sociale, un momento di ribellione e crescita.

I Bacchanalia: primi cenni storici sull’omosessualità in Calabria

Raffigurazione dei Bacchanalia

In maniera non molto dissimile nella nostra tradizione storica, si potrebbe ricordare un avvenimento molto particolare, il Baccanale. Attraverso le fonti storiche forniteci in larga misura da Tito Livio, sappiamo che tale festività, che aveva ricorrenza annua, si svolgeva nel periodo di Marzo, molto apprezzata dal popolo romano, ritrova però le sue origini nell’antica Grecia. In seguito alle colonizzazioni avvenute intorno al II secolo a.C. da parte dei greci nel sud dell’Italia, nelle zone che verrano a essere conosciute come Magna Graecia, la festività dedicata inizialmente al culto di Dioniso, si svilupperà e verrà, sotto l’Impero romano, riferito a Dio latino Bacco, da cui appunto ne trae il nome “Bacchanalia”. 

Per quanto la sostanza ideologica alla basa dei due avvenimenti non sia formalmente paragonabile è importate però sottolineare come di fatto nella tradizione latina, progenitrice della cultura italiana, fosse ampiamente accettata la possibilità dell’amore omosessuale. 

La festa rappresentava un momento di liberazione dagli usi e costumi quotidiani, un momento di piena disinvoltura nei confronti della sessualità, anche quando inseguito all’incidente avvenuto nel 186 a.C., come riportato da una fonte rinvenuta nel 1640 a Tiriolo, paese dell’entroterra Calabrese, la festività venne a essere assoggettata al volere e la tutela del Senato, con l’intento, a poco a poco, di depennare tale rituale. Ciò nonostante in modo informale, in particolar modo nel Sud Italia, le  aggregazione miste di uomini e donne, per quanto di numero limitato, a discapito dei primi riti orgiastici dedicati Bacco fosse altamente limitato, proseguirono per lunga parte della storia peninsulare. 

È sorprendente come la Calabria, luogo dove ancora oggi si trovano forti resistenze nel accettazione dell’omosessualità, sia con molta probabilità, il luogo dove essa fosse non solo largamente tollerata, ma fosse proprio parte del retaggio culturale tradizionale. 

L’omosessualità in Calabria nell’800: le sbraie

Coppia di donne omosessuali dell’800

Un ulteriore esempio di come l’omosessualità fosse largamente accettata nel Sud Italia ci viene fornito da Nerina Miletti, in un articolo dedicato alla sessualità di genere in Calabria parla di un fenomeno estremamente particolare tutto al femminile in questo caso, il quale  aveva luogo sui monti calabresi intorno alla fine del 1800: 

“L’esistenza di rapporti sessuali tra donne era quindi ben nota anche sui monti più isolati della Calabria del 1850-1890, dove le leggi civili e religiose che li condannavano non erano un deterrente sufficiente. E su queste montagne abitavano anche singolari personaggi, le “sbraie”, che a noi appaiono come la versione montana e selvaggia delle “lesbiche maschili”.”

Come si può notare da questi esempi isolati, forse un po’ distanti sostanzialmente dall’ideale del Pride, ma pur sempre sostanziali dal punto di vista concettuale; la nostra tradizione culturale concepisce in realtà dai suoi primi albori, l’omosessualità, percepita come parte integrante della natura umana e non come un qualche cosa di sbagliato o forviante.

Come precedentemente affermato è giusto difendere le proprie tradizioni, la propria memoria. Per quanto la parola “tradizione” derivi dal latino “traditio”, la quale molto spesso viene tradotto con il corrispettivo di “trasmissione” (dunque riconducendo il significato etimologico di tradizione, come un qualcosa che viene tramandato), volta dopo volta, generazione dopo generazione, essa ha pero un secondo significato. Di fatti l’etimologia della parola tradizione ha anche una seconda possibile nomenclatura, “traditio” in latino tardo risulta significare  anche “tradimento”.

Dunque potrebbe essere questo il caso in cui nel corso dei secoli inconsciamente, ci siamo lasciati “tradire” dalla nostra tradizione?

Bibliografia sull’omosessualità in Calabria:

Giusto Monaco, Gaetano De Bernardis e Andrea Sorci, Tito Livio, in La letteratura di Roma antica. Contesto, scrittori, testi, Palermo, Palumbo, 1996. 

Giulio Giannelli, Baccanali, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1930.

Basilio Perri, IL COSIDETTO “SENATUS CONSULTUM DE BACCHANALIBUS” DEL 186 A.C, su basilioperri.net.  (archiviato dall’url originale il 21 maggio 2018).